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Il mito greco narra dell’amore appassionato di un mortale, Croco, per la ninfa Smilace. Tale amore era fortemente contrastato dagli dei che punirono i due amanti trasformando lui nella pianta dello zafferano e lei in quella della salsapariglia (Smilax aspera). Nella mitologia romana, invece, l’origine dello zafferano è collegato alla figura di Mercurio, che uccise per sbaglio il suo caro amico Croco durante un lancio del disco. Per ricordare la memoria del suo amico tinse con il suo sangue una pianta dal quale prese il nome. Tralasciando la mitologia e addentrandoci nella storia, troviamo che la pianta dello zafferano era conosciuta dai tempi antichi anche se l’origine vero e proprio della pianta rimane un mistero. Essendo una pianta triploide (per i neofiti significa che ogni cellula possiede tre cromosomi invece di due) non può produrre semi. La riproduzione sessuale, che si compie attraverso la meiosi, diventa incompatibile per la sua struttura genetica particolare. Pertanto si ritiene che la pianta sia una specie relitta che si è mantenuta per il suo carattere di rusticità ed adattamento alle condizioni ambientali avverse. Sicuramente si è propagata a seguito della coltivazione dell’uomo ma non è possibile, in natura, ritrovare degli esemplari spontanei. L’uso dello zafferano, in antichità, era molto diffuso e le sue applicazioni riguardavano vari campi, primi fra tutti in campo medico, cosmetico e religioso. Veniva utilizzato come colorante per le vesti (anche per tingere le bende delle mummie); per produrre unguenti medicamentosi e profumi (nell’antico Egitto le donne lo utilizzavano come abortivo mentre in Persia veniva utilizzato come afrodisiaco).

RAPPRESENTAZIONI DELLO ZAFFERANO NELL’ANTICHITÀ

In un affresco ritrovato nel palazzo di Cnosso (Creta - circa 1600 a.C.), è rappresentato un piccolo primate blu che passeggia in mezzo a fiori di zafferano; sul papiro Ebers (databile al tempo del regno di Amenofi I – 1550 a.C. e contenente prescrizioni mediche e magiche) vengono enunciate le qualità della spezia. in altri affreschi, ritrovati ad Akrotiri nell’isola di Santorini, sono raffigurate “le raccoglitrici di zafferano”, due figure femminili che sono intente nella raccolta dei fiori dello zafferano.

DIFFUSIONE DELLA COLTIVAZIONE DELLO ZAFFERANO E SUO UTILIZZO

Si presuppone che le prime coltivazioni dello zafferano siano state effettuate in Cilicia (una regione dell’attuale Turchia) e di lì si diffuse nel medio oriente, Grecia e Creta. La diffusione dello zafferano si rivolse quindi verso l’oriente interessando l’Iran e l’India settentrionale. I popoli dell’antichità se ne servivano per la preparazione di profumi, unguenti e cosmetici: ad Atene, per esempio, veniva prodotto direttamente dallo zafferano, uno dei profumi più popolari di allora, mentre Cleopatra lo usava per dare un tocco dorato alla pelle. Un altro utilizzo effettuato nell’antichità era quello tintorio dal cui colore dorato venivano tinte vesti e veli. Lo zafferano ha colorato le vesti sacre e religiose degli antichi egizi, l’abito del Dalai Lama (è interessante ricordare che poco dopo la morte di Buddha nel 480 a.C. lo zafferano divenne il colore ufficiale per tingere le vesti dei monaci buddisti) ed è stato usato per la colorazione dei fili di lana dei tappeti persiani e per i tessuti del Kashmir. A Roma si utilizzavano le essenze di zafferano da spargere nelle sale da pranzo o per profumare le acque delle terme; le spose dell’antica Roma portavano dei veli tinti con lo zafferano probabilmente per le proprietà afrodisiache possedute dalla spezia. In cucina lo zafferano veniva utilizzato per cucinare la selvaggina e per preparare vini aromatici.

LO ZAFFERANO IN LETTERATURA

Molti sono i riferimenti allo zafferano nelle opere letterarie o teatrali degli antichi scrittori. Omero ricorda più volte lo zafferano (croco) nell’Iliade: “spandeasi aurora, peplo di croco, su tutta la terra...” canto VIII, 1) “di sotto germogliò novelle erbette e il rugiadoso loto e il fior di croco e il…” canto XIV, 409). Eschilo nel dramma “Agamennone” dice: “Sciolse le vesti, e ai suoi piedi tinse la terra di croco.” ipotizzando che i sandali di Dario erano dipinti con lo zafferano. Virgilio nelle “Georgiche” descrive il lavoro della api: “… prendono il cibo in ogni luogo, sui corbezzoli e i salici grigi, la cassia, il croco rossastro, il tiglio unto…”. Plinio nella sua “Naturalis historia” prende in esame la qualità dello zafferano prodotto nelle varie coltivazioni del suo tempo affermando che il migliore è quello della Cilicia e successivamente descrive con grandi dettagli le sue proprietà medicinali.

LO ZAFFERANO IN EUROPA

Dopo l’invasione araba della Spagna nel 961 a.C. vi fu un aumento notevole dell’uso di questa spezia in tutto il bacino del Mediterraneo. La Spagna, prevedendo una fonte di ricchezza notevole, cercò di ottenere il monopolio della coltivazione. Furono emanate leggi molto severe, che potevano arrivare all’arresto ed anche alla pena di morte, per chi cercava di esportare i bulbi fuori dal paese.

LO ZAFFERANO IN ITALIA

Padre Cantucci, in altri documenti Santucci, inquisitore all’epoca di Filippo II, riuscì a trafugare la pianta portandola in Abruzzo, a Navelli per l’esattezza, dove iniziò la sua coltivazione. I risultati dell’esperimento furono ottimi, la pianta si dimostrò adattabile al clima dell’aquilano e la coltivazione prosperò al punto tale da ottenere un prodotto di alta qualità (superiore persino a quello spagnolo). Nella seconda metà del XII secolo l’Aquila trovò nello zafferano il perno su cui far ruotare la propria economia. Nei territori abruzzesi, e in particolare in quelli circostanti L’Aquila, le coltivazioni raggiunsero il loro apice intorno alla metà del 1500. Lo zafferano era molto richiesto, specialmente nei paesi del Nord Europa e, pertanto si affermò un fiorente commercio della preziosa spezia. A quel tempo lo zafferano non rappresentava solo una merce di scambio ma costituiva un bene sostitutivo del denaro. Successivamente, in seguito al degrado delle attività commerciali e ad interessi speculativi da parte di corporazioni dedite al lucro e, non meno importante, dall’introduzione di attività di sofisticazione e adulterazione, la produzione, verso la metà del 1600, si ridusse drasticamente a pochi chilogrammi.

LO ZAFFERANO OGGI

Nel corso del XIX secolo la coltivazione dello zafferano subì una forte contrazione derivante principalmente dagli alti costi dei bulbi e dalle faticose e tutte manuali fasi della coltivazione, raccolta e trattamento della spezia. Agli inizi del XX secolo la coltivazione dello zafferano era per lo più localizzata nelle aree abruzzesi e in quelle sarde. Fortunatamente, da circa un ventennio, l’Italia sta riscoprendo questa spezia e la sua coltivazione sta coinvolgendo molte regioni italiane. Lo zafferano prodotto in Italia è sicuramente il più apprezzato sul mercato mondiale.

LO ZAFFERANO IN CUCINA

Non poteva mancare un breve excursus su quello per cui è maggiormente conosciuto lo zafferano… il suo contributo all’arte culinaria. Lo zafferano, con il suo bel colore dorato, il gusto intenso e caratteristico e con quell’aroma inconfondibile si impose in tutto il paese e divenne il “re della cucina”. Il suo sapore, il profumo intenso ed aromatico, congiunto alle ben note proprietà terapeutiche, esaltarono i cibi e le pietanze soddisfacendo i palati più esigenti. Nel 1450 Martino de Rossi, celebre cuoco del tempo, imbandiva le tavole degli Sforza utilizzando lo zafferano in circa 70 ricette diverse tra primi, secondi, contorni e dolci. In quel periodo, narra la leggenda, fu per caso utilizzato nella preparazione del famoso “risotto alla milanese”. Essendo una pianta che si riproduce solo agamicamente, lo zafferano che gustiamo oggi, è lo stesso usato dagli antichi Egizi, Greci e Romani. In Spagna è un ingrediente fondamentale della “paella”. Ricordo infine che lo zafferano venduto in stigmi e non polverizzato, garantisce ai clienti la mancanza di qualunque forma di sofisticazione.

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